Michael Haneke: due opere per un autore

Michael Haneke potrebbe essere definito il regista dell’insostenibile. Perchè? Perchè questo cineasta, ormai abituale trionfatore al festival di Cannes (dove ha vinto due palme d’Oro con Il nastro bianco e, quest’anno, con Amour) riesce con la forza del suo cinema a provocare una sensazione di quasi fastidio, di disagio, davvero difficili da digerire.

Di fronte a un suo film non si resta mai indifferenti: ti resta qualcosa addosso, come accade di fronte ai capolavori. Haneke è il regista dei lunghissimi piani sequenza con inquadratura fissa, spesso utilizzati nei momenti di maggiore intensità drammatica nel racconto, e con la totale assenza di commento sonoro. E sono proprio questi i momenti “insostenibili”, nel suo cinema. Haneke è il regista che smaschera tutta l’ipocrisia e il perbenismo dell’alta borghesia europea.

Michael Haneke

La Pianista

La pianista, del 2001, è probabilmente il suo film più memorabile. La protagonista è Erika (una immensa Isabelle Huppert), algida docente di pianoforte al conservatorio di Vienna, negli anni ’80. Haneke compie un’incursione nella sua vita apparentemente impeccabile; ci conduce nel suo appartamento, dove ella vive un rapporto succube con l’anziana possessiva madre. Un tale repressione, cui Erika soggiace passivamente a parte degli isolati momenti di rivolta, ha conseguenze sulla sessualità di Erika, vissuta dalla donna con perversione, voyeurismo, fino a episodi di masochismo. Anche con Walter (Benoit Magimel), giovane allievo di pianoforte, Erika vive un rapporto terribile. Durissima con lui come insegnante di musica, Erika, incapace di amare in modo naturale, usa il ragazzo come strumento della propria perversione sessuale, arrivando persino a inviargli una busta contenente le istruzioni per approcciarsi a lei. Un giorno, quando vede Walter ridere con una ragazza, l’insana affettività di Erika esplode in violenta gelosia. E anche il malato rapporto che ha con la madre troverà una drammatica risoluzione quando Walter vìola l’isolamento delle due donne, fino al triste epilogo in cui Erika par finalmente prendere piena cognizione della drammatica solitudine della sua esistenza.
Alla fine della visione si esce come pugili dopo un incontro di dodici riprese, così vero nell’aver il coraggio di raccontare aspetti della vita che spesso la mentalità borghese tende a nascondere come la proverbiale polvere sotto il tappeto.

Michael Haneke

Niente da nascondere

Il voyeurismo, che era uno dei vizi di Erika, è uno dei temi di Niente da Nascondere del 2005. Haneke qui racconta la storia di una coppia, ancora di una classe sociale medio-alta (interpretata da Juliette Binoche e Daniel Auteuil) cui vengono recapitate delle strane videocassette in cui si mostra la loro vita privata. E’ l’inizio di un incubo. Dalle videocassette si passa ai disegni, telefonate anonime, avvertimenti, fino all’emergere di una verità del passato, che lega il padrone di casa al figlio dei domestici. Il mistero è destinato a tramandarsi, con i figli dei protagonisti che si incontrano mentre c’è una macchina da presa, non vista, che li riprende. Il punto di vista dello spettatore è quello dell’ignoto narratore onniscente, in questo bellissimo thriller di Haneke. Un film da recuperare senza indugi.

Articolo tratto da “Urlo – Mensile di resistenza giovanile” – Novembre 2012

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