Prendete il miglior cinema d’avventura in pura tradizione Hollywood anni ’70 e ’80 (si legge Spielberg). Prendete anche, se volete, la fantascienza di assoluti rigore e raffinatezza di Kubrick; unitele con lo sguardo intimista e laicamente spirituale del cinema di Clint Eastwood degli anni della maturità. Ecco, il risultato che otterrete è un qualcosa che si avvicinerà alla sensazione lasciatavi da Interstellar, il nuovo film di Christopher Nolan uscito giovedì in tutte le sale. Ciò lo scriviamo non per proporre inopportuni accostamenti e giochi a è erede di…, bensì per sottolineare la statura cinematografica ormai molto importante raggiunta dal regista di Memento, Inception, The Prestige e la trilogia del Cavaliere Oscuro.
Ampiamente atteso, malgrado i trailer in circolazione lasciassero intendere si potesse trattare di un film forse didascalico, sul tema del peggioramento climatico globale, (il classico polpettone, per intenderci), Interstellar al contrario lascia nella mente l’idea di aver assistito a un grande spettacolo, allo stesso tempo immediato e complesso, stratificato e lineare. Dominato dal bravissimo Matthew Mc Conaughey, ex pilota e ingegnere della Nasa, vedovo padre di due bambini, rinnovatosi agricoltore in un mondo del futuro (prossimo) in balìa delle tempeste di sabbia e sull’orlo dell’estinzione a causa della scarsità di cibo, Interstellar è un film che racchiude come in una ellissi il viaggio di tipo fisico con l’esperienza del viaggio umano rappresentata dall’amore paterno.
La sfida per salvare il mondo è l’esigenza che costringe al lungo viaggio fisico; è entrare negli wormhole, i misteriosi buchi neri ai confini della galassia, che possono piegare come un foglio di carta lo spazio e il tempo, e spingerci oltre, per dare una nuova speranza all’umanità. Qui Interstellar gioca le sue carte di fascinosità scientifica e spettacolo di cinema d’avventura, intrattenendo lo spettatore in modo brillante, impeccabile, e sostenuto dagli elementi tecnici al solito sontuosi di Nolan – montaggio, musica di Hans Zimmer, il ricchissimo cast di stelle anche in ruoli da comprimari (come Matt Damon, in una piccola parte che ricorda molto il Kurtz di Cuore di Tenebra e Apocalypse Now), fotografia.
Questo aspetto dell’opera si fonde con il viaggio dell’eroe che è anche padre, e si compie come in una ellissi: tanto più Mc Conaughey si spinge nello spazio remoto, quanto più egli, per scoprire il mistero che consentirebbe all’umanità di poter affrontare questi viaggi interstellari in modo costante, ritorna vicino (in una maniera strabiliante, capolavoro escheriano di scenografia che non sveleremo) alla sua vita di padre, alla vita della sua bambina, che non gli aveva perdonato di esser partito e averla lasciata.
“L’amore è una forza potente e misurabile, che trascende le dimensioni” recita una battuta del personaggio della co-protagonista, interpretato da Anne Hathaway. In essa è sintetizzato l’aspetto filosofico del discorso di Nolan in Interstellar, regista che ama ragionare sul tempo, e che è anche l’invenzione di sceneggiatura che chiude il film.
Un regista in stato di grazia, che pare migliorare a ogni film e ha raggiunto con Interstellar uno zenit difficilmente superabile. Non perdetelo!