“Directions”. E ora dove andiamo?

“Directions” del regista bulgaro Stephan Komandarev, distribuito da lunedì 27 novembre in pochissime sale e contemporaneamente in streaming su ITunes, ci propone un ritratto lucido ed impietoso di un paese che ha smarrito la propria strada.

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In tal senso il film sembra riprendere e sviluppare le tematiche già affrontate in un’altra interessante opera bulgara, “The lesson – Scuola di vita” di Kristina Grozeva e Petar Valchanov , arrivata nelle nostre sale nel 2015 ed ora disponibile su Sky on Demand.

Dopo lunghi anni di silenzio il cinema bulgaro si riaffaccia sulla scena internazionale e lo fa con due film che denunciano il forte malessere sociale, economico e morale che attanaglia il loro paese. Mentre “The lesson” aveva scelto di tenere l’obbiettivo puntato su una vicenda privata, “Directions” abbandona presto quella dimensione per imboccare la strada del racconto corale. Il punto di partenza però è praticamente identico: due persone oneste, un tassista ed un’insegnante di inglese, si trovano costrette a fare i conti con gli ufficiali giudiziari, con la burocrazia e con un sistema bancario corrotto ed immorale alla stessa maniera degli usurai. La rabbia e la disperazione prenderanno il sopravvento spingendoli a commettere, essi stessi, un crimine.

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“Directions”, presentato lo scorso maggio a Cannes nella sezione “A certain regard”, segue le orme di film di successo come [amazon_textlink asin=’B0041KWYUY’ text=’“Taxisti di notte” ‘ template=’ProductLink’ store=’fuoridicinema-21′ marketplace=’IT’ link_id=’8d45bfea-dd9a-11e7-8b76-d520bdb3fae5′]di Jim Jarmusch, “Diecidi Abbas Kiarostami e “[amazon_textlink asin=’B019X6JZSY’ text=’Taxi Teheran‘ template=’ProductLink’ store=’fuoridicinema-21′ marketplace=’IT’ link_id=’a748fd6b-dd9a-11e7-a59c-a5418e35e79a’]” di Jafar Panahi, girando quasi tutte le scene in piano-sequenza all’interno di diversi taxi che attraversano di notte le vie di Sofia.

Un fatto di cronaca (l’episodio iniziale del film, l’unico ambientato di giorno) è accaduto poche ore prima ed ora il paese si divide sul significato da attribuire a quel gesto: un brutale atto criminale da condannare o la riscossa di chi non ne poteva più? Mentre alla radio si susseguono le reazioni dei cittadini il taxi diventa vetrina ideale per mostrare l’anima malata del paese. Il regista sembra voler dividere il mondo in due affidando a quei tassisti, che spesso svolgono di giorno un altro lavoro, il ruolo di coscienza critica del paese. La classe dirigente ed imprenditoriale è senz’altro la principale responsabile dello stato delle cose, ma il futuro non lascia spazio alla speranza, i giovani non hanno punti di riferimento e preferiscono mercificare il proprio corpo o lasciarsi andare ad effimeri piaceri. Tra gli incontri notturni dei “nostri” tassisti c’è spazio anche per personaggi ormai completamente disillusi che hanno scelto di lasciare il paese, di farla finita con la vita o di inveire contro Dio. Il taxi si rivela ancora una volta spazio privilegiato per lunghe ed accese conversazioni, ma in quel paese sembra non esserci più posto nemmeno per l’ascolto compassionevole di un padre che ha perso un figlio, fino a costringerlo a raccontare il suo dolore ad un cane che se ne sta, anche lui solitario, sul ciglio della strada. La tensione narrativa resta piuttosto costante, i dialoghi sono sempre incisivi e gli avvolgenti movimenti di macchina aiutano lo spettatore a sentirsi completamente immerso in quella realtà. “E ora dove andiamo?” è la domanda che forse ciascuno di noi alla fine si pone, consapevole che quel paese somiglia al resto dell’Europa molto di più di quanto vorremmo credere.

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Il senso di sconfitta si fa ancora più atroce seguendo la storia (vera) di Nadya, l’insegnante di inglese di “The lesson”, che con grande dignità e senso del dovere cerca di insegnare la vita prima ancora che la lingua straniera ai suoi studenti. Un piccolo furto avvenuto in classe diventa occasione per stimolarli all’assunzione delle proprie responsabilità ed al rispetto del prossimo, ma la lezione di Nadya assume ben presto il sapore della beffa ed il carattere dell’utopia. La vita non lascia troppe scelte neanche ad una come lei, mostrandole crudelmente che ciò che è giusto sotto il profilo etico purtroppo non si rivelerà mai giusto come soluzione ai suoi problemi. I registi trasformano lentamente il dramma di quella donna in una sorta di thriller, tanto è l’amore che ci fanno provare per lei e l’ansia con cui ce la lasciano accompagnare nel suo peregrinare. Quale futuro la aspetta non lo sapremo mai, di sicuro non riuscirà mai più a guardare negli occhi dei suoi studenti con la fierezza e la rettitudine con cui li guardava all’inizio del film.

Perchè anche chi conosce la direzione giusta a volte è costretto ad imboccare la strada sbagliata.

 

/// il trailer ///

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