Parte da lontano Susanna Nicchiarelli per costruire il suo “Nico, 1988”, che ha meritatamente trionfato a Venezia 74 nella più bella edizione di Orizzonti che io ricordi.
1957, Luciana, una bambina in abito da comunione, scappa dall’altare e corre a chiudersi nel bagno di casa. La madre dall’esterno le chiede perchè l’ha fatto e lei urla decisa: “Perchè sono comunista!”. Con questo divertente e folgorante incipit Susanna Nicchiarelli si presenta nel 2009 al grande pubblico e conquista per la prima volta Venezia vincendo la sezione Controcampo Italiano. “Cosmonauta” si sviluppa negli anni ’60 seguendo la crescita di Luciana, la sua passione per le missioni spaziali, viste ovviamente con occhi sovietici – “Gli astronauti sono americani”-, ma soprattutto puntando lo sguardo sul suo carattere determinato e ribelle che la porta ad affermare principi troppo evoluti anche per i suoi compagni di partito. Con il suo primo film Susanna definisce subito i punti cardine del suo cinema che pure si distinguerà negli anni per una bella varietà di generi. Lo sguardo sul passato ed i cambiamenti sociali legati alla politica sono sempre al centro dell’indagine della regista romana così come il ruolo della donna e la sua progressiva conquista dell’autodeterminazione.
In questo senso anche i suoi successivi lavori sono necessarie tappe di avvicinamento a “Nico, 1988”. Con “La scoperta dell’alba” (2012), tratto dall’omonimo romanzo di Walter Veltroni, Susanna compie un’operazione piuttosto inedita per il nostro cinema, leggendo un dramma familiare, che affonda le sue radici negli anni di piombo, attraverso elementi fantasy. Un vecchio telefono scollegato dalla presa consentirà alla protagonista (Margherita Buy) di mettersi in contatto con la bambina che era, dandole la possibilità di mutare la Storia e rendendo ancor più palese l’abilità della Nicchiarelli a “viaggiare nel passato”. Tra le opere documentarie di Susanna va ricordato anche il più recente “Per tutta la vita” (2014), in cui ci racconta, con calore ed ironia, l’Italia del 1974 divisa dal referendum sul divorzio. Lo fa utilizzando tanto materiale d’archivio ma soprattutto rovistando nelle memorie familiare. L’utilizzo del filmino di matrimonio dei propri genitori, separati ed amici, è un forte atto di coraggio che certamente le costa molto sul piano emotivo.
“Forte e coraggioso”. Sono queste le prime parole con cui sono riuscito a definire “Nico, 1988” al termine della bellissima proiezione inaugurale della sezione Orizzonti di Venezia 74. Il film è forte perché ha una potenza narrativa e visiva che il cinema italiano ultimamente mostra con troppa parsimonia. Ed è coraggioso perchè figlio di un lavoro lungo e pieno di determinazione, ma anche perché non esita a portarci negli inferi di una donna che, a tratti, risulta respingente, forse addirittura sgradevole. Ma in Nico c’è tanto cuore. Quello della regista che questo film lo aveva in testa da una vita e che già lo amava quando aveva cominciato a realizzarne solo i sopralluoghi. Quello dell’attrice protagonista, la splendida Tryne Dyrholm (già attrice di Vinterberg in “Festen” e “La comune”), che dona a Nico una miscela di forza e fragilità che ne esaltano l’umanità. E quello di Nico, che finalmente si spoglia dell’immagine da copertina della cantante dei Velvet Underground, della musa di Andy Warhol o della “femme fatale” di Lou Reed per tornare ad essere semplicemente se stessa, Christa Paffgen. Il film racconta gli ultimi anni di vita di Christa, quelli degli ultimi concerti da solista, della ricostruzione del rapporto con il figlio, ma soprattutto quelli in cui una donna devastata dall’eroina prova a concedersi un futuro diverso. La musica resta il suo strumento di riabilitazione e Susanna non ha timore di portarci su una sorta di “montagne russe” mostrandoci le vette della sua arte ma anche le sue rovinose cadute. Il cast internazionale è di altissimo livello ed una particolare suggestione a me la crea vedere sullo schermo Anamaria Marinca (amatissima in “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” di Mungiu). Ma c’è un ulteriore straordinario protagonista in questo film che si chiama “Europa”. Il film infatti è anche un meraviglioso road movie in un continente che è ad un passo dalla grande rivoluzione dell’89 ma ancora vive le sue profonde lacerazioni all’ombra di quel muro.
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