Il nostro omaggio all’Irlanda attraverso i film e le facce più belle che l’hanno raccontata.
Negli anni ’90 tre autori sono divenuti i maggiori narratori di questo meraviglioso paese: Jim Sheridan, Neil Jordan e Roddy Doyle. Quest’ultimo in realtà è lo scrittore e sceneggiatore che ha ispirato quella deliziosa trilogia, portata sugli schermi prima da Alan Parker (The commitments) e poi da Stephen Frears (The snapper e The van – Due sulla strada), che raccontava la gente comune attraverso i propri affanni e le proprie passioni, musica e calcio sopra ogni cosa.
Più strettamente legati ai conflitti interni al paese i racconti degli altri due. Jim Sheridan, in quegli anni trovò un grande interprete in Daniel Day Lewis, che dopo essersi guadagnato un Oscar per Il mio piede sinistro, fu anche protagonista di un capolavoro assoluto come Nel nome del Padre (con Pete Postlethwite ed Emma Thompson) e dell’ottimo The boxer che raccontavano le vicende umane dei membri dell’IRA, ispirandosi a pagine di storia vera. Nel 2002 Sheridan firmò poi In America – Il sogno che non c’era con Samantha Morton che, come recita anche il titolo, seguiva, all’indomani di una tragedia, la migrazione di una famiglia verso il sogno americano.
Neil Jordan ebbe invece in Stephen Rea il suo attore prediletto facendosi narratore di opere che agli orrori del conflitto sapevano contrapporre aspetti romantici e quasi favolistici. La moglie del soldato e Breakfast on Pluto ebbero il merito ulteriore di trattare con straordinaria delicatezza anche il tema della transessualità. L’amore negato tra il soldato Jody (Forest Whithaker) e la “sua” Dil (Jaye Davidson) che riviveva grazie alla figura di un terrorista (Stephen Rea) e l’eccentrico personaggio di Gattina che lasciava l’Irlanda per cercare in Inghilterra la madre che non aveva mai conosciuto sono tra le pagine di cinema che più mi stanno a cuore. In mezzo a queste due opere Jordan firmò anche un bel ritratto di Michael Collins, opera che, cronologicamente, potrebbe essere considerata il prologo dei due capitoli di storia irlandese raccontati da Ken Loach con Il vento che accarezza l’erba e Jimmy’s hall.
Sugli stessi temi del conflitto civile meritano di essere ricordati anche Niente di personale (diretto nel 1995 da Thaddeus ‘O Sullivan), Bloody Sunday (diretto nel 2002 dal regista Paul Greengrass che successivamente firmò il primo racconto del’11 settembre, quello del volo “United 93”) e il più recente ’71 presentato nel 2014 al Torino Film Festival.
In Irlanda Anjelica Houston ambientò La storia di Agnes Browne, vedova con 7 figli che ricorreva agli strozzini per pagare il funerale del marito, film che per toni e tematiche si avvicinava molto al cinema di Loach.
Nel 2002 Peter Mullan conquistò il Leone d’Oro a Venezia con il meraviglioso Magdalene con cui riuscì a denunciare gli orrori perpetrati all’interno degli istituti religiosi con la compiacenza delle famiglie. Un ritratto duro e spietato del bigottismo che avvolse negli anni ’60 la società irlandese.
Nel 2008 il regista inglese Steve McQueen si affermò al grande pubblico con Hunger, ritratto disperato di Bobby Sands, dei giorni della sua detenzione e dello sciopero della fame che lo condusse fino alla morte. Il film contiene una scena di cinema da antologia, il lunghissimo piano sequenza (17 minuti) del dialogo che Sands tenne nel parlatorio del carcere con il suo confidente Padre Moran. Qualche anno più tardi in Shame, Steve McQueen affidò a Carey Mullighan la celebre fase “Non siamo cattiva gente, ma veniamo da un brutto posto”, attribuendo alle sofferenze patite in Irlanda tutte le inquietudini che lei e il fratello si portavano dentro. Protagonista di entrambi i film fu uno straordinario Michael Fassbender.
L’autore irlandese affermatosi più recentemente si chiama Lenny Abrahamson, salito sugli scudi grazie all’ottimo Room, nominato agli Oscar nel 2016, e ai grandi riconoscimenti al Sundance Film Festival del 2014 per Frank, in cui sotto una maschera di cartapesta si muoveva il solito Fassbender nei panni del leader di una band musicale. Abrahamson nel 2007 aveva vinto il Torino Film Festival con Garage, opera piccola ma carica di umanità che raccontava la storia di un uomo buono, ingenuo ed introverso che subiva una drammatica ed infamante accusa di cui non riusciva a reggere il peso.
Una menzione particolare va sicuramente rivolta a Tomm Moore, uno dei piu interessanti autori europei del cinema d’animazione che, grazie all’incontro di un delicato lavoro grafico con le suggestive sonorità della sua terra, ha fatto rivivere sotto forma di fiaba, in The secret of Kells e La canzone del mare, alcune leggende popolari irlandesi.
Un’importante pagina di storia del paese è stata raccontata di recente da Nick Hamm in The Journey – Il viaggio, dove due grandi attori come Thimoty Spall e Colm Meaney interpretano due acerrimi nemici politici, il reverendo Ian Paisley leader del Partito Unionista Democratico e Martin McGuinnes del Sinn Féin, che, nel 2006, trovarono uno storico accordo durante un imprevisto viaggio in macchina fatto insieme. Il film nel 2016 fu presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Questa rapida carrellata non può che chiudersi con la tenerezza di Once di John Carney (2008), ritratto folk di un amore illibato tra due anime pure e solitarie che attraverso la musica riuscivano ad incontrarsi ed a raccontarsi.
E che ora comincino a scorrere fiumi di Guinness!