A dieci anni dal bellissimo Dieci inverni del 2009, Valerio Mieli ritorna con Ricordi? Un altro film in cui il Tempo è il terzo protagonista, oltre alla coppia di innamorati messa in scena.
Ricordi? con Luca Marinelli e Linda Caridi, Premio del Pubblico allo scorso Festival di Venezia, è arrivato nelle sale cinematografiche italiane.
Il film racconta la complicata storia di amore tra due persone che si conoscono ad una festa, su un’isola. Un legame da subito forte, malgrado le notevoli differenze caratteriali tra i due. Schivo e nichilista lui, solare e ottimista all’inverosimile lei. Teso ad attribuire una forte rilevanza al passato lui, aperta al vivere e profittare dei momenti del presente, lei.
La loro relazione, e le difficoltà attraverso le quali essa avanza negli anni, vengono raccontate attraverso un continuo rimando alla forza dei ricordi, e la loro significatività. Il film procede dunque come un insieme di cerchi concentrici sospesi tra flashback e flashforward, nei quali il raggio del compasso è dato da una mente che ricorda. Ricorda la relazione d’amore, ricorda il proprio passato, luoghi, volti e situazioni.
Dunque un’operazione ambiziosa, quella di Mieli, che tende a coniugare una forte idea di sceneggiatura con una scrittura cinematografica molto elegante, sorretta da una fotografia ed un montaggio di grande livello. Soprattutto la fotografia di Daria D’Antonio, fatta di chiaroscuri che richiamano l’alternarsi degli stati d’animo, è davvero memorabile. Questi elementi tecnici e di scrittura filmica da soli però non bastano a fare di Ricordi un’opera completa.
Proprio qui risiede la pecca del film, una mancanza che rende questo pur godibile prodotto, di un livello inferiore a Dieci Inverni e al suo mirabile equilibrio di regia, sceneggiatura e recitazione.
In Ricordi, soprattutto nella prima parte, sembra infatti quasi che il Mieli sceneggiatore cerchi di “sorreggere” il Mieli regista, addensando le scene con dialoghi qua e là troppo verbosi, troppo scritti.
Il risultato è di restare sinceramente frastornati in alcuni passaggi, quando invece, anche grazie alla professionalità del materiale umano in scena e, ripetiamo, alla ricchezza di scrittura filmica (piena di trovate eleganti, come ad esempio il rendere il flusso dei ricordi simile al flusso di una carrellata di diapositive), sarebbe bastato un avanzare maggiormente essenziale del film, che ne avrebbe guadagnato in qualità e poeticità. Mieli è un cineasta di grande talento.
Due film in dieci anni sono pochi: nel progredire di una luminosa carriera aspettiamo da lui tante altre perle, che gli serviranno anche, probabilmente, per scoprire via via una voce autoriale sempre più nitida, densa e pura.
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