In un momento di immigrazione ed emigrazione globali il confronto e integrazione tra culture differenti sono diventati ormai problemi complessi ed estremamente difficili da gestire: il film Noces – A Wedding del regista belga Stephan Streker ispirandosi ad una storia vera ci descrive questa difficoltà a volte insormontabile.
Il film inizia in modo brusco, portandoci subito al centro della vicenda: una adolescente di origini pachistane, Zahira (interpretata da Lina El Arabi), in un ospedale avvia le pratiche per un aborto. La ragazza ci appare ben integrata nella società occidentale Belga in cui vive, ha un velo ma è più un accessorio di vestiario che un obbligo, la famiglia stessa sostiene la ragazza nella difficile scelta dell’aborto, non diversamente da una famiglia di origini occidentali. Proseguendo la narrazione però alcuni aspetti della realtà cambiano: l’aborto non è tanto sostenuto quanto imposto dalla famiglia, per permettere che la ragazza possa sposare un ragazzo pachistano in matrimonio combinato; però, bisogna essere al passo con i tempi, così a differenza della madre che ha conosciuto il marito il giorno stesso della nozze, Zahira può scegliere tra ben tre pretendenti e potrà conoscerli prima delle nozze parlandoci via Skype per fare poi la sua scelta.
La famiglia di Zahira non è estremista, è ben integrata nella società occidentale in cui vive; la stessa Zahira è cresciuta frequentando bambine belghe tra cui la sua migliore amica, Aurore (Alice de Lencquesaing), il cui padre sembra essere anche amico di famiglia. Il matrimonio combinato, però, è aspetto essenziale della loro vita sociale; i genitori quindi cercano così di “aiutare” la figlia offrendole una scelta tra tre uomini e la possibilità di conoscerli, ma Zahira è ormai innamorata di un suo compagno di scuola ed è combattuta tra seguire la tradizione del suo paese o il suo cuore.
Il rifiuto di Zahira verso tutti e tre i pretendenti diviene atto inaccettabile, che si ripercuoterà inevitabilmente su tutta la famiglia, padre, madre, fratello, sorelle che nella comunità pachistana saranno banditi. Il matrimonio è atto inevitabile, non tanto per una chiusura mentale della famiglia della ragazza quanto perché questo comporterebbe l’esclusione di tutti i membri della famiglia da una comunità a cui, seppur lontana, sono strettamente legati. Tutto il film è un lacerante tira e molla nelle indecisioni della ragazza che, pur convinta e sicura della sua scelta, è frenata dal danno che sa di causare alla sua famiglia. Il destino e il tragico finale sono narrati come inevitabili in un meccanismo che ha un suo spaventoso senso logico che per la nostra cultura è impossibile da accettare.
Questa impossibilità di incontro, di integrazione e soluzione delle differenze tra le culture è angosciante, inaccettabile tanto da far ritenere di primo acchito il film irreale e sbagliato.
Il fatto che però sia ispirato a una storia reale e che tali situazioni siano purtroppo comuni ci ricorda che l’integrazione tra culture è un processo molto lungo, difficile, sofferto e (questo il messaggio più angosciante) forse non sempre possibile.
Il film è visibile su MUBI fino al 19 marzo 2018 e su MyMoviesLive
/// il trailer///