Nella cinquina dei candidati all’Oscar come migliore film di animazione il grande favorito è indiscutibilmente “Coco” della Pixar, ma se l’ambita statuetta andasse a “Loving Vincent” ad essere premiata sarebbe non solo la bellezza dell’opera ma anche lo straordinario contributo innovativo che essa ha portato alle tecniche di animazioni. Il film proposto lo scorso autunno nelle sale italiane con 4 serate evento è ora disponibile in dvd e sui principali siti di streaming.
L’analisi di questa vera e propria opera d’arte non può prescindere dal suo processo creativo che ha visto più di cento artisti provenienti da diverse parti del mondo dipingere su tela oltre 65.000 fotogrammi nei quali vengono rappresentati i quadri di Vincent Van Gogh (94 in forma simile all’originale, 31 in forma parziale). Sotto la direzione della regista polacca Dorota Kobiela e del britannico Hugh Welchman il lavoro pittorico è stato combinato con la recitazione su sfondo verde di veri attori (tra essi spicca il nome di Saorsie Ronan, nominata agli Oscar per “Lady Bird”), che hanno dato corpo e voce, nella versione originale, ad una serie di personaggi che ebbero un ruolo di rilievo negli ultimi anni di vita di Vincent Van Gogh. Il risultato è assolutamente strabiliante: i fotogrammi pittorici imitano con eccellenti risultati le forme morbide e pastose del maestro olandese e la loro successione dà origine ad una fluidità visiva che porta lo spettatore ad una completa immersione nelle opere. Ad interrompere questa sensazione intervengono una serie di scene realizzate con un bianco e nero nebuloso e suggestivo che riprendono, in forma di flashback, frammenti di vita di cui Van Gogh fu protagonista in prima persona. Questo per aiutare lo spettatore a districarsi tra presente e passato in un’opera che sceglie di sviluppare il suo racconto un anno dopo la morte del pittore.
Ed è qui che si sviluppa il secondo prodigio di un film che non si accontenta di offrirci un’indimenticabile esperienza visiva, ma si fa anche avvincente racconto. Il giallo, colore caro a Van Gogh, diventa così anche il genere cinematografico dentro il quale possiamo collocare l’indagine che il giovane Armand Roulin svolge per cercare di scoprire la realtà dei fatti che portarono alla morte del grande pittore.
Joseph Roulin, postino di Arles, vorrebbe onorare la vecchia amicizia con Van Gogh affidando al figlio Armand il compito di recapitare a Theo, un’ultima lettera di suo fratello Vincent. Il primo flashback ci porta proprio al periodo che l’artista trascorse nella cittadina della Provenza alla ricerca di nuova luce e nuovi colori per le sue opere. Nacque in quegli anni il progetto della casa gialla, un ostello per artisti, la cui direzione Van Gogh intendeva affidarla a Paul Gauguin, ma il difficile rapporto col pittore francese fu la principale causa di un violento crollo emotivo che lo portò alla mutilazione di un orecchio, all’allontanamento da Arles e al ricovero in un ospedale psichiatrico. Quelli di Arles furono però anche mesi di straordinaria produttività e tra le opere che si animano nel film troviamo due importanti produzioni di quel periodo: la “Notte stellata sul Rodano” e la “Terrazza del caffè la sera, Place Forum, Arles”, luogo dove, in apertura di racconto, facciamo la conoscenza di un inquieto Armand che rivela di non avere alcuna intenzione di assecondare il desiderio del padre.
Ma poi Armand si lascia convincere e, dopo aver raggiunto Parigi ed aver scoperto che anche Theo ha lasciato questo mondo pochi mesi dopo il fratello, prosegue il suo viaggio alla volta di Auvers-sur-Oise, il paese dove il 29 luglio del 1890 Vincent aveva incontrato il “falciatore”, personificazione della morte nella sua pittura.
Perchè quell’uomo che solo sei settimane prima era stato dimesso dall’ospedale psichiatrico e si era detto sereno e riabilitato avrebbe dovuto compiere l’estremo atto del suicidio? Questa domanda comincia ad assillare Armand che, nel tentativo di trovarvi risposta, imbastisce una vera e propria indagine in stile Poirot che si sovrappone a quella precedentemente condotta dal gendarme Rigaumon.
L’attenzione di Armand si concentra immediatamente su due giovani donne: Marguerite Gachet, che per 44 anni conserverà, esposto nella sua camera, il ritratto che Vincent le fece mentre suonava il piano, e Adeline Ravoux, nella cui locanda il pittore trovò inizialmente alloggio. Una donna poco incline a parlare ed un’altra che di cose da dire sembra averne anche troppe: tra piccole bugie e mezze verità Armand viene lentamente a conoscenza delle abitudini e delle frequentazioni che avevano caratterizzato il soggiorno di Van Gogh ad Auvers, scoprendo che anche lì era stato spesso oggetto di scherno e maltrattamenti. Mentre crescono dubbi e incongruenze riguardo alla versione ufficiale sulla morte del pittore e benchè i sospetti si concentrino su un gruppo di giovani balordi, sul racconto aleggia soprattutto la figura del dottor Gachet, l’uomo con cui Vincent aveva avuto un violento litigio e nella cui casa spirò dopo un giorno di agonia. Il dottore è fuori paese ma quando finalmente ne facciamo la conoscenza scopriamo la sfrenata ed immotivata ambizione artistica di un uomo legato a Van Gogh da un grande spirito di emulazione ma anche da un profondo affetto.
Come la storia insegna nessuna diversa versione dei fatti sarà mai appurata (quindi il giallo manca di possibili spoiler), ma al rientro a casa l’interrogativo che accompagna Armand non è più perchè Vincent abbia voluto coprire i suoi (possibili) assassini, ma se il mondo saprà regalargli nuova vita apprezzandone l’arte. In una “notte stellata sul Rodano” Armand raccosi fa così interprete del desiderio più profondo del pittore che aveva voluto affidare alle sue opere il compito di raccontare ciò che veramente aveva nel cuore quell’uomo che, in vita, si era sempre sentito una nullità.
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