Esce il 6 dicembre nelle sale italiane “L’insulto” di Ziad Doueri, presentato in concorso ufficiale a Venezia 74, dove ha riscosso un grande interesse e portato a casa la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile all’attore palestinese Kamel El Basha.
Il film si esprime attraverso diversi linguaggi ma si propone di lanciare un messaggio universale che va ben oltre la questione mediorientale.
Siamo a Beirut ai giorni nostri, la guerra civile è finita da anni e la divisione della città, che il regista aveva perfettamente raccontato nel suo “West Beyrout” del 1998, non dovrebbe avere più alcuna rilevanza ma purtroppo non è così. Toni è cristiano e fa il meccanico, Yasser è palestinese e lavora per un’impresa edile il cui capo è anch’esso cristiano: un giorno tra i due scoppia un banale litigio per un tubo che gocciola sulla strada. Toni ha un atteggiamento arrogante e rifiuta la riparazione che l’operaio è pronto a fargli. Yasser perde subito la pazienza e si rivolge all’altro con un insulto. La tensione crescente toccherà la famiglia, il lavoro e la salute finendo inevitabilmente in un’aula di tribunale. Ed è qui che il regista comincia a costruire dal punto di vista formale un altro film portandoci nella dimensione del legal drama a cui non fa mancare qualche colpo di scena e il divertente espediente dei due avvocati, padre e figlia, che si fronteggiano in una sorta di regolamento dei conti familiari. Il conflitto si sposta molto rapidamente dalla dimensione privata a quella pubblica, coinvolgendo due popoli che forse non aspettano altro che tornare a scontrarsi nelle strade. I protagonisti non riescono a dare spazio al dialogo ed al buon senso, rimanendo ostinatamente chiusi nel loro orgoglio e nelle loro ideologie; nessuno sembra essere solo vittima o solo carnefice. La situazione mediorientale è fotografata con grande chiarezza ed onestà: Doueri sceglie la strada dell’equilibrio e senza schierarsi mai da nessuna delle due parti ci mostra le ferite che sono alla base della condotte di vita di ciascuno dei contendenti. Ne nasce una riflessione sull’incomunicabilità e sull’istinto alla conflittualità che potrebbe riguardare la vita di ognuno di noi.
La prima parte del film ha i colori ed il sapore del Medioriente, la seconda strizza un po’ l’occhio al cinema americano; l’ottima sceneggiatura consente al regista di gestire perfettamente i cambi di ritmo ed il progressivo confluire in un altro film. L’ultima mezz’ora non sembra essere esente da qualche eccesso e lungaggine, ma la sensazione finale è quella di un’opera che centra tutti i suoi obbiettivi riuscendo a parlare ad un pubblico vasto sia per la forma che per i contenuti. La Coppa Volpi a Kamel El Basha probabilmente ha privato Doueri di un più meritato riconoscimento al film nel palmares veneziano, ma se premio per l’interpretazione doveva essere certamente sarebbe stato più giusto premiare i due protagonisti insieme. Adel Karam (Toni) lo avevamo già visto nei film di Nadine Labaki (“Caramel” e “E ora dove andiamo?”), mentre Kamel El Basha (Yasser) era stato protagonista di un piccolo ma interessante film palestinese, “Amore, furti ed altri guai”, che in Italia si era visto lo scorso anno. Ziad Doueri ha invece dalla sua una lunga collaborazione con Tarantino come suo assistente alla regia.
Purtroppo proprio all’indomani dei grandi riconoscimenti veneziani e della scelta da parte del Ministero della Cultura libanese di designare “The insult” come proprio candidato all’Oscar per il migliore film straniero si sono verificati problemi di natura politica e giudiziaria per Doueri. Il regista è stato fermato all’aeroporto di Beirut al rientro da Venezia e, benchè rilasciato nel giro di poche ore, gli è stato notificato il sequestro dei passaporti e l’obbligo a comparire il giorno dopo davanti al Tribunale Militare. Alla base del provvedimento l’accusa di collaborazionismo con il nemico israeliano per aver girato proprio in Israele il suo precedente film “The attack”, contravvenendo una legge in vigore dal 1955 che vieta ogni cooperazione tra i due Paesi. Sintomatico della forte tensione esistente era già stato l’episodio verificatosi nel corso della conferenza stampa a Venezia quando ad un giornalista israeliano che poneva una domanda sul film Doueri non aveva potuto rispondere direttamente lasciando il microfono alla co-produttrice francese. Per gli stesso motivi anche il governo palestinese ha preso posizione contro il film annullandone la proiezione prevista nell’ambito del Festival di Ramallah e di fatto negando a Kamel El Basha i festeggiamenti per il premio a Venezia.