Le anime di notte di Jane Fonda e Robert Redford

La coppia che ci ha fatto sognare con “A piedi nudi nel parco” torna insieme per Le nostre anime di notte.

Le anime di notte con Jane Fonda e Robert Redford

Our souls at night“, di Ritesh Batra, film presentato al Festival del Cinema di Venezia qualche settimana fa, ha segnato il ritorno nel ruolo di protagonisti di due divi mitici del cinema americano, una delle coppie più amate e più grandi, poiché capaci di coniugare fascino, alchimia sullo schermo e fuori, e capacità artistiche: Jane Fonda e Robert Redford.
Producendo un film tratto dall’omonimo romanzo di Kent Harouf e distribuito direttamente su Netflix, Redford ha così rinnovato la sua vocazione di padrino del cinema indipendente americano, in un’operazione che ha scelto la piattaforma dedicata alle serie TV e al cinema come mezzo di distribuzione del film.
Jane Fonda e Robert Redford sono Addie e Louis, due anziani abitanti di una cittadina della California. Vicini di casa, vivono soli, ciascuno alle prese con l’andare avanti rispetto alle ferite che gli accadimenti della vita familiare ha lasciato in loro.

Una sera Addie bussa alla porta di Louis e gli propone di dormire insieme, di farsi compagnia per superare la notte. Inizia un percorso di condivisione e disvelamento di un sentimento capace non solo di far loro superare le notti, ma di trovare l’uno nell’altro la sponda per un ascolto, una compagnia autentica, e in fondo una rinnovata familiarità che arrivi nel momento della vecchiaia, della notte dell’esistenza.
Proprio l’elemento del ritrovamento della familiarità, è il perno attorno al quale ruota la narrazione. Dalla familiarità nuova che Louis offre ad Addie, sino al recupero del rapporto con la famiglia di origine da parte di lei, che la costringe a una dolorosa scelta finale. Si tratta di un perno interessante, attorno al quale la storia individua delle declinazioni e delle sotto-trame (le dicerie e i pettegolezzi della cittadina di provincia, la quiete monolitica della cittadina di provincia stessa, interrotta dall’elemento di novità), che rimandano ad un certo cinema eastwoodiano. Si può pensare a certi silenzi pomeridiani della città di Gran Torino; naturalmente si può ricordare la diffidenza paesana per la relazione tra Robert e Francesca ne I ponti di Madison County). In fondo, lo stesso tema di una familiarità alternativa che possiamo trovare nel vicino di casa, in una persona con la quale possiamo condividere un passato doloroso e per la quale facciamo scelte nette, adulte e si è disposti a pagarne tutto il prezzo, è il tema cardine della cinematografia matura dell’anarchico di destra Eastwood. Interessante è ritrovarlo in un film del liberal Robert Redford: raccontato in chiave meno cupa, e più intrisa di speranza seppur malinconica.

Dopo un grande vecchio, ecco un altro grande vecchio del grande Cinema, che a ottant’anni racconta l’America fuori dalle convenzioni, dalle imposizioni morali e sociali, delle piccole grandi scelte quotidiane dell’individuo.
Redford ha dichiarato che prima di morire voleva avere di nuovo l’occasione di recitare con Jane Fonda. Noi lo ringraziamo, li ringraziamo, perché ci regalano un buon prodotto di intrattenimento in cui il regista ha saputo intelligentemente dirigerli con misura essenziale, “togliendosi” dalle inquadrature e spogliandole dunque della percezione della presenza della macchina da presa. Jane e Robert, meravigliosi. Sia ricordandoli a piedi nudi nel parco sia rivendendoli in pigiama, sotto il piumone, a parlare del meteo.

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