Finalmente Venezia! I grandi autori e tanto cinema di genere

Dopo la conferenza stampa tenuta mercoledì 25 al cinema Moderno di Roma gli affezionati del Lido possono già cominciare a respirare l’aria di Venezia 75.

L’edizione di quest’anno era annunciata da tempo come ricca di grandi nomi e tale da consentire di operare il virtuale sorpasso al Festival di Cannes, apparso un po’ in calo negli ultimi anni. Venezia, in verità, è già da qualche anno che flirta  in maniera disinvolta con gli Oscar, ma, si sa, sono altri i nomi e i titoli che spingono i cinefili più puri a decretare la qualità assoluta di un festival.

Il cartellone del concorso ufficiale di quest’anno sembra però in grado di accontentare tutti perchè, se da una parte l’apertura è affidata (senza troppa fantasia, per la seconda volta in tre anni) a Damien Chazelle, che, abbandonato il filone romantico-musicale di “La la land”, ci racconta una delle vicende più affascinanti della Storia dell’umanità, quella de “Il primo uomo” che mise piede sulla Luna (con tanto di rinnovate ambizioni agli Oscar), dall’altra la lista di grandi autori internazionali che si contenderanno il Leone d’Oro è nutrita e prestigiosa come non accadeva da tempo immemore.

Yorgos Lanthimos (“The favourite” con Rachel Weisz ed Emma Stone è per lui un inedito dramma in costume), Mike Leigh (che racconta il massacro di “Paterloo” operato dalla cavalleria inglese ai danni dei manifestanti che chiedevano la riforma elettorale nell’agosto del 1819 nei pressi di Manchester), Jacques Audiard (che si cimenta in un western ambientato nell’Oregon del XIX secolo) ed i fratelli Coen (un western anche per loro ma diviso in sei episodi e certamente rimaneggiato alla loro maniera) sono tutti autori che avevano legato il proprio nome principalmente a Cannes, così come il messicano Carlos Reygadas, premiato per la regia di ”Post tenebras lux” nel 2012, e l’ungherese Laszlo Nemes passato per la Croisette prima di conquistare l’Oscar per “Il figlio di Saul”.

Atro premio Oscar in concorso sarà Florian Henckel Von Donnensmarck, che dopo il meraviglioso “Le vite degli altri” aveva completamente fallito il suo approdo ad Hollywood con il deludente “Tourist” con Johnny Depp. Ora torna a raccontare gli anni più drammatici della Storia del suo paese, la Germania, nel suo “Opera senza autore” della durata di poco superiore alle tre ore (188′).

Non meno significativi sono da considerare i ritorni di Olivier Assayas, che a Venezia era stato nel 2012 con “Apres Mai – Qualcosa nell’aria”, mentre a Cannes era stato premiato per la migliore regia nel 2016 con “Personal Shopper”, e di Alfonso Cuaron che dopo il grande successo di “Gravity”, film di apertura al Lido nel 2013, aveva dedicato ogni energia a questo attesissimo ritratto in bianco e nero del suo Messico cui ha dato il titolo di “Roma”. Torna anche Brady Corbet (“Vox lux”) che a Venezia aveva vinto il Leone del Futuro per “L’infanzia di un capo” nel 2015.

Uno dei titoli più attesi è certamente “22 July” del regista Paul Greengrass che dopo aver raccontato il “Bloody Sunday” di Belfast ed il dirottamento dello “United 93”, l’unico aereo che non raggiunse alcun bersaglio l’11 settembre 2001, aveva privilegiato l’action con la famosa saga di Jason Bourne (con Matt Dillon). In questo film racconta il terribile eccidio compiuto sull’isola di Utoya nel 2011 da un trentaduenne legato all’estrema destra norvegese.

Julian Schnabel, che aveva inaugurato Venezia 2012 con il modesto “Miral”, dopo aver firmato il meraviglioso “Lo scafandro e la farfalla”, torna al Lido con un film sulla figura di Vincent Van Gogh, cui presta il volto, con un’interpretazione che si annuncia indimenticabile, Willem Dafoe.

Tra le altre opere desta particolare interesse “Acusada” dell’argentino Gonzalo Tobal, film capace di relegare “fuori programma” due campioni assoluti del cinema del suo paese come Pablo Trapero e Gaston Duprat che negli scorsi anni avevano raccolto premi e consensi rispettivamente con “El clan” ed “El ciudadano ilustre”. L’australiana Jennifer Kent si era invece fatta conoscere con “Babadook”, presentato al Torino Film Festival, ed ora arriva in concorso a Venezia con un thriller di ambientazione gotica, “The nightingale”

Fuori concorso sarà presentato invece “A star is born”, prima regia di Bradley Cooper con Lady Gaga, quinto remake del capolavoro di George Cukor del 1937, che già si preannuncia come uno dei film più accreditati nella corsa agli Oscar.

Ma veniamo agli italiani. La scelta dei film selezionati è certamente di grande spessore anche se lascia qualche perplessità. Che “Suspiria” di Luca Guadagnino fosse della partita era noto da tempo e l’attesa è davvero altissima rispetto a ciò che il talentuoso regista siciliano è riuscito a realizzare partendo dal capolavoro di Dario Argento avvalendosi di un cast internazionale (come già accaduto per “Call me by your name”). Per Roberto Minervini si tratta invece dell’ennesimo ritratto documentario della provincia americana sotto forma di ballata blues. Questo, sia chiaro, non rappresenta certamente un limite nè tantomeno genera un pregiudizio (“prima gli italiani” è un concetto da respingere sempre e comunque), ma in una stagione in cui la rappresentanza italiana è anche più esigua del solito è quantomeno insolito che il nostro paese possa esprimersi compiutamente, in concorso, solo attraverso l’opera di Mario Martone . “Capri Revolution” chiude un’ideale trilogia veneziana del regista napoletano iniziata con “Noi credevamo” e proseguita con “Il giovane favoloso”. Nel cast spicca la presenza di Marianna Fontana, vista due anni fa al debutto in “Indivisibili” al fianco della sorella Angela.

Una storia, ahinoi, tutta italiana è invece quella che inaugura la sezione Orizzonti: tanta emozione accompagna l’attesa di “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini con Alessandro Borghi e Jamine Trinca, film che racconta la terribile vicenda di Stefano Cucchi. Tutti da scoprire invece saranno gli altri due film italiani della sezione: “La profezia dell’armadillo” opera di esordio di Emanuele Scaringi dal celebre fumetto di Zerocalcare e “Un giorno all’improvviso” debutto di Ciro D’Emilio. A proposito di fumettisti, Venezia 75 accoglie nella sezione Sconfini (nuova denominazione di quella che fu impropriamente detta “Cinema in giardino”) anche il ritorno di Gipi, già in concorso con “L’ultimo terrestre”e ora autore de “Il ragazzo più felice del mondo”. Nella stessa sezione Giulio Base propone “Il banchiere anarchico” tratto da Pessoa

Fuori concorso l’Italia è presente con “Una storia senza nome” di Roberto Andò con Micaela Ramazzotti, Renato Carpentieri, Laura Morante e Alessandro Gassman e con “Les estivants” (coproduzione francese) di Valeria Bruni Tedeschi.

Tra gli altri italiani disseminati nelle sezioni collaterali fa molto piacere segnalare il ritorno di Valerio Mieli e Pippo Mezzapesa presenti nel cartellone delle Giornate degli autori. Mieli torna, 9 anni dopo lo splendido esordio di “Dieci Inverni”, proponendoci “Ricordi?” con Luca Marinelli, mentre Mezzapesa presenta “Il mio bene” con Sergio Rubini 7 anni dopo “Il paese delle spose infelici, pur avendo fatto ottime cose nel frattempo nell’ambito del cinema documentario e di cortometraggio. Molto interessante si annuncia anche il corto di animazione “Goodbye Marilyn” di Maria Di Razza proposto dai Venice Days.

Due giovani registe sono invece il nostro investimento per il futuro alla Biennale College e alla Settimana Internazionale della Critica dove potremo vedere Zen – Sul ghiaccio sottile” di Margherita Ferri e “Saremo giovani e bellissime” di Letizia Lamartire. La Sic ripropone anche la sezione cortometraggi denominata Sic@Sic che sarà aperta, come evento speciale, da “Nesuno è innocente” di Toni D’Angelo.

La vera chicca della Mostra è l’ultimo film di Orson Welles. “The other side of the wind”, girato tra il 1970 ed il 1976, fu affidato nel 1985, poco prima della sua morte, dal grande cineasta a Peter Bogdanovich affinchè lo potesse ultimare. Quel progetto si è ora finalmente realizzato grazie agli investimenti di Netflix, anche se proprio questa etichetta gli è costata l’esclusione a Cannes. Con il film di Welles sono 5 le opere del cartellone veneziano che saranno visibili su Netflix. Le altre sono quelle dei fratelli Coen, di Paul Greengrass, di Alfonso Cuaron e di Alessio Cremonini per il quale il 12 settembre è prevista in contemporanea con lo streaming anche l’uscita in alcune sale.

Ma anche la tv nella sua accezzione più classica sarà protagonista al Lido con l’anteprima delle prime due puntate della serie tv “L’amica geniale” diretta Saverio Costanzo e tratta dalla quadrilogia bestseller di Elena Ferrante. Un’opera che abbraccia quattro stagioni e rappresenta uno sforzo produttivo senza precedenti per la tv italiana.

A margine della conferenza stampa mi fa piacere sottolineare i ripetuti riferimenti fatti dal direttore Alberto Barbera alla preoccupante situazione politica e sociale del presente, ribadita anche attraverso la scelta di alcune opere documentarie come “1938, Diversi” di Giorgio Treves sull’emanazione delle leggi razziali ed “American Dharma” di Errol Morris che propone un dialogo, su posizioni ovviamente contrapposte, con Stephen K. Bannon, ideologo di Donald Trump e ora anche della Lega in Italia.

 

 

 

 

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