Presentato alla 71 esima edizione del Festival di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, è arrivato nelle nostre sale Euforia, seconda prova come regista per Valeria Golino.
Ettore (Valerio Mastandrea) è un insegnante di scienze. Vive in provincia ed è un uomo lineare e un pò schivo, che conduce una vita tranquilla. Suo fratello Matteo (Riccardo Scamarcio) è un brillante e affascinante business man, che vive a Roma in una bellissima casa, affollata dai suoi vari amici e amanti con cui trascorre le avventure della sua vita sentimentale e relazionale. La diagnosi di una gravissima malattia a Ettore diviene l’occasione per farli riavvicinare. Matteo ospita Ettore a casa sua, quando questi deve curarsi. Il periodo insieme, fatto di esperienze, rese dei conti tra due caratteri che si vogliono bene ma che sarebbero destinati allo scontro, e anche tante risate, porta i due ad ad uno stato di ritrovata spensieratezza (l’euforia) che, seppur fuggevole e gravata dalla paura, è in grado di rendere sopportabile anche il prossimo futuro.
Ecco la storia di Euforia, film che segna il ritorno di Valeria Golino alla regia. Dopo quel bel film che era stato Miele, Valeria ritorna a raccontare una storia di dolore, con la morte sullo sfondo. Lo fa scegliendo di assumere come motore narrativo il contrasto e poi il riavvicinamento di due figure agli antipodi, i protagonisti del film, così diversi l’uno dall’altro, e che nell’affrontare insieme il percorso di dolore segnato dall’irrompere della malattia nella loro vita, scoprono nuove possibilità: non solo nel loro rapporto, ma anche nel loro rapporto con il mondo. La forza del film risiede innanzitutto nella assenza di concessioni al pietismo, o alla retorica, pur affrontando di petto la storia di un uomo che sappiamo potrebbe morire a breve. Risiede, inoltre, in quelle sequenze minime, ma di indubbio impatto ed essenzialità nel raccontare i personaggi (in tal senso basta ricordare su tutte, quei pochi attimi di Ettore ripreso in campo medio, da solo in metropolitana, a capo chino: in quella inquadratura c’è tutta la sua angoscia, e la sua preoccupazione). Euforia non cerca dunque facili vie per arrivare alle lacrime dello spettatore, anzi lo intrattiene con molti passaggi ironici e di autentico divertimento (grazie alla buona sceneggiatura e alla bravura degli interpreti, soprattutto Valerio Mastandrea, attore che nobilita qualsiasi testo di recitazione affronti); per poi accompagnarlo ad un sentimento di sincera commozione nel bel finale.
Proprio il finale del film riesce a farci comprendere una ben precisa scelta di sceneggiatura, e a farne le indubbie conseguenze emotive, (scelta di sceneggiatura portata avanti per tutto il film, e che naturalmente non riveliamo su FuoridiCinema). Si tratta di una scelta che lascia aperte riflessioni e, perché no, anche qualche possibile spunto critico.
Comunque, resta la piacevolissima sensazione di aver visto un bel film nella migliore tradizione del Cinema italiano glorioso che fu, ovvero quel Cinema che può raccontarti una storia che commuove, prendendoti per mano dall’inizio e facendoti sorridere con una leggerezza autentica, e mai superficiale. Il tutto, nel caso di Euforia, impreziosito dalla sensibilità femminile del regista, una Valeria Golino sempre più brava.
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