Tanti momenti della nostra vita sono scanditi da scelte musicali, sono quasi quelle scelte a determinare e chiarire il momento che stiamo vivendo: noi non siamo in grado di capire, la musica sì, ci compone le emozioni, crea le note giuste e le intonazioni da dare a un silenzio, a una fuga, a un no. De André scandaglia l’anima, la mette a dura prova con uno specchio che non ammorbidisce i lineamenti, ma li espone per quello che sono, rughe sempre più profonde, solchi che impariamo col tempo a vederci in faccia e ad amare, come si ama una vecchia voglia di caffè.
Principe Libero è un biopic su Fabrizio De André diretto da Luca Facchini e proiettato nelle sale il 23 e 24 Gennaio come evento speciale per Nexo Digital; è certamente pensato per la televisione (andrà in onda il 13 e il 14 febbraio su Rai1), Luca Marinelli non imita e il suo accento si limita solo a sfiorare quello genovese, ma oltre questo, oltre le critiche di chi va al cinema e allena gli occhi, c’è chi al cinema, questa volta, gli occhi li ha chiusi in più di una scena e ha ascoltato. E per 193 minuti, Principe Libero è diventato una stanza dei ricordi nella cantina di casa, quella musica che compone emozioni e riconduce a momenti importanti o a un pomeriggio di pioggia sotto le coperte. E Luca Marinelli ci aiuta, si siede accanto a noi, come in quella splendida scena finale e si fa spettatore più che interprete, anche lui sceglie di raccontare la sua musica e il suo De André.
Il film si apre con il rapimento di Faber e la seconda moglie Dori Ghezzi (Valentina Bellè), per poi riavvolgere come in un nastro la sua vita da Principe Libero, e qui il titolo svela tutta la sua natura ossimorica: una gabbia (come quella del rapimento) che fin da bambino lo spinge a cercare la sua idea di libertà, a suggerirla agli altri prima che a se stesso.
Libertà l’ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato
per un fruscio di ragazze
a un ballo,
per un compagno ubriaco
O forse sono gli altri a suggergliela, altri inaspettati, come quel padre Giuseppe (Ennio Fantastichini) che lo racconta avvocato, ma poi gli lascia una chitarra sul letto, bisbigliando libertà.
e un ridere rauco
ricordi tanti
e nemmeno un rimpianto
Sono sempre le parole de Il Suonatore Jones quelle che il padre pronuncia in punto di morte, come un augurio che rivolge al figlio, perché la libertà non è per tutti, e questo lui lo sa bene. Tutti ne parlano, De André la racconta, le dà più nomi e volti:
Signora libertà signorina fantasia così preziosa come il vino così gratis come la tristezza
scrive in Se ti tagliassero a pezzetti, così preziosa e così gratis per chi la riconosce e si fa”spezzettare” da lei, perché diversamente non saprebbe vivere.
Vita è arte, per De André, per Luigi Tenco (Matteo Martari), grande amico a cui dedica Preghiera in gennaio, per Paolo Villaggio (un Gianluca Gobbi che sfiora la reincarnazione): è cura, sacrificio, dedizione. È annientamento di corpo e mai di anima.
E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci
Mi sentivo meno stanco di voi
Ero molto meno stanco di voi
La libertà non prevede riposo, è un tiranno che rinfaccia continuamente il privilegio della sua presenza, sovrana di cui De André si fa erede senza tempo, Principe Libero. La libertà diventa proprietaria di un tempo che smette di esistere e così Faber non si ferma mai, come confessa alla prima moglie Enrica Rignon (Elena Radonicich), teme di fermarsi e scoprire di non avere più niente da dire. La più grande paura del nostro grande Amico fragile, forse la pìù grande paura di ognuno di noi, è stata quella di guardare la sua libertà e sprofondarci dentro.
Luca Facchini sceglie di non andare in profondità e lasciare che siano le parole di De André ad approfondire la sua storia, sceglie quello che probabilmente De André avrebbe voluto, senza orpelli e con un ciuffo che copre il volto Luca Marinelli, facendoci piangere come bambini.
/// il trailer ///