Cinema & architettura #3: Seaside, il bisogno di umanità e The Truman Show

Utopie/Distopie nell’architettura del cinema.
Il New Urbanism (neourbanesimo) è un movimento urbanistico sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dal 1980, di cui si parla come di un Rinascimento Urbano, inteso come equilibrio proporzionato tra paesaggio rurale, piazze urbane, complessi culturali e civili, ma soprattutto come equilibrio fra la “casa”, i “lotti”, gli “isolati urbani”, in opposizione alla suburbanità il cui apice drammatico è rappresentato dalle moderne periferie.

L’utopia dei New Urbanists vuole mantenere la complessità come ricchezza, la spontaneità come metodo. È un’utopia minimalista: rifare il mondo ogni giorno, riorganizzare e riadattare l’ambiente a partire dal piccolo gesto quotidiano; utopia antiautoritaria per eccellenza, rispettosa di ogni diversità.
La prima esperienza del cosiddetto New Urbanism risale al 1981, quando il costruttore Robert Davis e una coppia di architetti, Andreas Duany ed Elizabeth Plater-Zyberk, decisero di realizzare una cittadina che avrebbe messo in discussione il senso comune dei costruttori contemporanei e violato le convenzionali norme di zoning delle città del Nord America (anche in base alla conoscenza di ricerche condotte in Europa dall’architetto e urbanista Léon Krier, che assunse il ruolo di consultant).
Seaside, in Florida, anche nota come set del film The Truman Show (Peter Weir, 1998), fu concepita come una “nuova città tradizionale” con un limite preciso e un tessuto di piazze, strade ed edifici costruiti in stile locale. Il programma prevedeva la creazione di un complesso di 80 acri, con 350 abitazioni di vario taglio e tipologie, 100 – 200 unità di alloggio temporaneo, un centro commerciale, una sala per conferenze, una chiesa ed infine una serie di attrezzature ricreative. I modelli per la realizzazione del complesso sono i borghi e le città della tradizione vernacolare americana, da Nantucket a Savannah, da Key West a New Orleans.

Immagine di Seaside dall’alto. Lo spazio pubblico si articola attraverso boulevard e piazze, la principale delle quali, di forma ottagonale, si apre sul mare.

In controtendenza rispetto a quello che stava avvenendo nelle altre città, a Seaside lo spazio viene pensato anteponendo il pubblico al privato, e mettendo prima di tutto al centro il verde, da cui si irraggiano strade strette, culminanti in punti focali di interesse architettonico e fiancheggiate da ampi marciapiedi, a rimarcare che i pedoni hanno tanto diritto di star lì quanto le auto. Le case color pastello (generalmente a due piani secondo la divisione giorno – notte) sono costruite in stile vittoriano e in legno, il materiale locale “vivo” per eccellenza, e munite di veranda che, secondo i progettisti, favorisce rapporti di buon vicinato. L’architetto Raymond Unwin aveva dichiarato più di mezzo secolo fa: «La tendenza dell’uomo d’oggi è quella di costruire la propria casa in modo tale da sottolineare il suo isolamento nei confronti dei vicini (…) Dobbiamo opporci a questa tendenza e dimostrare che gli abitanti stessi saranno più felici se disporremo gli edifici in modo che tutti possano godere di una vista su una più ampia striscia di verde (…) e che, grazie ad una certa collaborazione, il suolo disponibile sarà sfruttato meglio di quanto non sarebbe possibile suddividendolo in lotti individuali e recingendo ciascuno di questi». Le case sono vicine le une alle altre, e non lontane dal marciapiede, in modo da poter tenere una conversazione dal portico con chi passa, senza alzare la voce. Invece del solito mare di saracinesche da garage, sul fronte delle abitazioni ci sono basse recinzioni e porte per esseri umani a dare il benvenuto. Ovunque ci sono piste ciclabili e l’onnipresente megastore è sostituito da una fornitissima drogheria a conduzione familiare. Non lontano ci sono le piscine, i campi da golf e da tennis.

In generale è uno degli esempi meglio riusciti di questa nuova tendenza americana che tenta di conciliare un diffuso bisogno di umanità con il benessere acquisito.
Interessante che Seaside sia diventata il set finto-reale di The Truman Show, in cui è in corso la più lunga e fortunata soap opera della storia televisiva, quella che ha per protagonista Truman (True-man) Burbank, star inconsapevole di uno show che ha come gigantesco studio l’intera città e come attori e complici-comparse tutta la popolazione.
Seaside diventa in The Truman Show, l’Isola di Seaheven, che Irene Bignardi in un articolo comparso su La Repubblica all’uscita del film, definisce «un improbabile, vezzoso paesotto stile Disneyland coperto da una grande campana di vetro e separato dal resto del mondo dal filtro della televisione».
«Il posto è talmente straordinario che chi guarda il film non crede che Seaside possa esistere realmente. Anzi, tutti pensano che il villaggio sia stato costruito interamente per l’occasione, naturalmente a Hollywood», dice il produttore del film Edward S. Feldman. Mentre Massimo Vicinanza, in un articolo pubblicato anch’esso all’uscita del film, scriveva: «…Pensato e costruito a misura d’uomo. Siamo molto lontani dalle affollate zone balneari della penisola. Qui non c’è tanto turismo anche se la calda corrente dello Yucatàn riscalda piacevolmente il mare e le bianchissime spiagge garantiscono una tintarella da fare invidia a chiunque. Camminare a piedi nudi sulla spiaggia fresca e ascoltare quello strano “squittio” provocato dai piccoli granelli di quarzo che si strofinano fra di loro è già di per sé rilassante. Abitare poi a Seaside, in un cottage sul mare, è il massimo…»

Da queste parole Seaside sembra essere un idillio, tanto armonioso quanto terribilmente finto.
Sorge una considerazione sul fatto che il film in questione si proponga di descrivere un futuro molto prossimo, servendosi di scenari urbani reali [come accadeva in Arancia Meccanica di Stanley Kubrick qualche anno prima]. E sembra effettivamente molto calzante l’immagine di Seaside come scenario in cui Truman vive il suo isolamento, lui, unico uomo vero, in un cumulo di finzione e perfezione. Tutto è al suo posto in questa piccola città, c’è ordine, civiltà, cortesia (che paura la cortesia distaccata che sostituisce l’empatia), aria salubre, casette dai colori rassicuranti: tinte dal sapore disneyano che ci fanno pensare alla pubblicità di un prodotto, come se la vita reale tendesse ad imitare quella artificiale costruita dai media, in cui felici famigliole fanno colazione con il sorriso a mille denti (quello che vedremmo aprendo una porta qualunque, in un viale qualunque di Seaheaven). Un’atmosfera di serenità sospettosa che si rivela del tutto priva di fondamento nel prendere atto del clima di finzione e oppressione che regna sugli abitanti. “La comunità sorridente si trasforma in poco tempo nella comunità blindata”.
Uscito 26 anni fa, The Truman Show resta una perla del cinema, attuale ed emozionante. Nel momento storico eccezionale in cui siamo costretti da un giovane e ancora sconosciuto virus a vivere nelle nostre case, continuiamo a spiare dalle finestre, dalla tv e dagli smartphone, chi esce, corre o riceve visite. Progettiamo app per seguire i movimenti dei “positivi al tampone”, giorno e notte, viviamo di tecnologia in un reality show di un presente distopico che stavolta riguarda tutti, non solo Truman.
Come lui sognamo di uscire da una porta per riappropriarci della nostra vita.

Ai tempi del coronavirus, Seaside e la sua urbanistica fatta di “distanze umane” che favorisce rapporti di buon vicinato e chiacchiere senza dover alzare la voce, può essere d’ispirazione per un nuovo update progettuale, una necessaria riconfigurazione dello spazio futuro che dovrà tenere conto di un relazionarsi senza contatti e dei vuoti generati dal non potersi abbracciare – speriamo di no – per lungo tempo. La distopia a cui nessuno aveva pensato ancora. Questi vuoti dovranno essere riempiti in qualche modo, buon lavoro architetti.

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